La città di Sale.

 

La città di Sale

Sale la città di Sale,
sale dalle sue splendide figlie
nate su queste coste frastagliate,
tra antichi splendori e nuove meraviglie.
Braccia ruvide cingono il mare.
Bianca friabile roccia,
lo costringono in un abbraccio.
Si agita riottoso,
si vuole liberare.
E intanto scava goccia a goccia
l’infedele sposo,
scava senza riposo.
Sale, s’increspa e s’infrange spumeggiando.
Gorgogliando, lento si ritira,
va a ritroso,
si placa,
si abbandona,
quasi si lascia cullare,
in questa eterna lotta,
in questo eterno amore.
Sale la città di Sale.
Sale tra questi alberi verderame,
e questi frutti che sono
gocce di sole,
che si confondono con la ginestra
in questi verdi terrazzi
che sporgono come una finestra,
che sembrano maioliche,
dipinti,
arazzi.
Si affaccia il pino da un dirupo scosceso,
quasi curioso,
vuole osservare.
Ha le gambe ancorate al terreno,
il tronco proteso,
da sempre la testa rivolta al Tirreno,
tra terra e mare
vive sospeso.
Sale la città di Sale.
Sale sui tetti delle case,
delle chiese barocche,
sale senza ali,
come spinta dal vento,
sui campanili , le cattedrali.
Si arrampica fino ai bastioni,
bizantini torrioni
a picco sul mare.
Sale a perdifiato sui monti Lattari,
tra le cui costole sonnecchiano le vigne,
scende nel letto vuoto dello Schiato,
a mare tra le reti dei pescatori,
senza far rumore
si ferma ad ammirare
senza fiato,
Furore.
Sale la città di Sale.
Sale come le vecchie mulattiere
sul sentiero degli Dei,
sale a guardare le Sirenuse,
sorelle disperse in mare.
Sale a rimuginare,
su come la vita ,
in tutte le sue stagioni,
tra reti, terra, mare e torrioni,
sia come i limoni,
bella eppure aspra,
breve eppure dolce.
Sale Salerno la città di sale,
ha un dono da portare fino a Positano.
Scende Napoli la città del sole
per poterla abbracciare.
Sono figlie della stessa terra,
e condividono lo stesso mare,
non lo sa nessuno,
ma il loro padre è Nettuno.

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