hamid gioca a pallone

Hamid gioca a pallone perché gli hanno detto che non lo può fare.

Corre, scarta e dribbla,
corre incontro alla vita,
rincorre sogni.
Ha ancora la forza e la grinta,
ha l’entusiasmo che solo un bambino può avere.
Il vento alle spalle e il sorriso sul viso,
guarda il cielo che non ha confini.

Guarda il cielo come gli hanno insegnato a fare, perché il cielo sputa fuoco, si nasconde, ma non è un gioco.
Ha i piedi per terra,
quella terra stretta in una striscia inventata da altri,
ma la sua mente va oltre l’orizzonte.
Hamid gioca a pallone perché i bambini devono giocare.
Poi la vita si volta e comincia a inseguirlo.
Lui corre,
scarta una mina,
evita il filo spinato,
inciampa,
cade e si rialza,
ha la polvere tra i capelli e in bocca
sapore metallico,
come il piombo che sibila a un respiro dal suo orecchio.
E cadono come moscerini gli altri come lui,
i loro sogni strappati come ali di farfalla, non voleranno più,
la vita è dura, crudele.
E il sorriso si fa ghigno,
squarci di dolore si aprono nell’anima
come i tagli sulla tela del pittore folle.
Il mondo candido di una volta,
si tinge di rosso,
ma la vita è un gioco e lui deve giocare.
Hamid rincorre il pallone,
ma il suo passo si fa lento.
Porta con se il carico di dolore.
Poi una palla piomba dal cielo.
E’ un attimo,
non la sente arrivare,
non sente il calore che l’avvolge,
non sente dolore.
Una lacrima evapora dai suoi occhi.
Rotola lontano il pallone.
Hamid ha smesso di giocare.

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